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lunedì 16 marzo 2009

Le emozioni nella prima infanzia

Verso i 2 anni molti bambini dispongono di un vocabolario con cui descrivere le emozioni fondamentali “Ti abbraccio. Bimbo contento”; “E’ buio. Ho paura”. Nell’età compresa tra i 2 e i 5 anni il bambino impara a riconoscere e a nominare situazioni ed espressioni del viso che denotano sentimenti diversi. La distinzione tra sentimenti positivi e negativi è la prima ad essere acquisita. Parallelamente allo sviluppo si osservano vari cambiamenti nella comprensione di diversi aspetti delle emozioni: il bambino per esempio arriva a capire sempre di più che la fonte delle emozioni può essere sia interna sia esterna, cioè legata alle situazioni. Prima dei 6-7 anni può essere in grado di nominare emozioni sia positive che negative; ma fino ai 9-10 anni non riesce a riconoscere con chiarezza l’ambivalenza o i sentimenti costituiti da un misto di emozioni negative e positive. A mano a mano che il bambino cresce, capisce sempre meglio che i sentimenti reali possono essere diversi da quelli osservabili, impara che è possibile mascherare le proprie emozioni.
Nel periodo compreso tra i 7 e i 12 mesi i bambini sviluppano nuove paure, probabilmente a causa dell’incremento della memoria di rievocazione (capacità di recuperare uno schema, e cioè la rappresentazione degli elementi salienti in un evento e le loro relazioni reciproche, in assenza di stimoli rilevanti) e delle memoria a breve termine (il processo tramite il quale l’esperienza presente viene messa in relazione con gli schemi immagazzinati per un periodo di 20-30 secondi).
La paura degli estranei: una delle paure più frequenti nel secondo semestre di vita è l’angoscia di fronte agli estranei. I bambino di 8 mesi manifesta uno stato di angoscia quando corruga il volto all’avvicinarsi degli estranei, volge lo sguardo verso la madre e l’estraneo e dopo pochi secondi comincia a piangere. Dunque, il bambino di 8 mesi per diventare ansioso, non deve osservare la persona che gli è familiare, in quanto mette a confronto l’estraneo con gli schemi recuperati nella memoria, delle figure familiari e quando non riesce ad assimilare il primo al secondo, cade nell’incertezza e si mette a piangere.
L’angoscia da separazione: la paura di una separazione temporanea che si prende cura di lui si manifesta quando il bambino viene lasciato in una ambiente sconosciuto o in presenza di un estraneo, mentre è meno probabile se il bambino si trova in casa o con un familiare o con una baby-sitter. L’angoscia di separazione compare di solito tra i 7 e i 12 mesi, raggiunge il culmine tra i 15 e i 18 mesi e poi diminuisce gradualmente. L’intensità dell’angoscia per una temporanea separazione dalla madre può dipendere in parte dalla qualità della relazione emotiva che si è instaurata nella coppia madre-figlio.
Le emozioni e le espressioni facciali: il sorriso.
Anche il neonato sorride ma si tratta di una reazione riflessa, stimolata spesso da un colpetto sulle labbra o sulle guance, anche se nel primo mese comparirà in risposta a determinati suoni. A 2 mesi invece il sorriso è una risposta ad una più ampia gamma di stimoli, specialmente ai volti umani e alle voci. A 3 mesi il bambino può sorridere in risposta alla maggior parte dei volti umani perché riconosce che il volto è simile ad un viso familiare, forse a quello del genitore. Nel corso del primo anno tendono a sorridere ad esempio alla madre che fa il cucù o al solletico. Ma già dall’inizio del secondo anno sorrideranno e rideranno in situazioni che hanno provocato essi stessi. La comparsa del sorriso e del riso è dunque il risultato di modificazioni cognitive.
L’espressione delle emozioni è influenzata sia dai fattori biologici che dall’apprendimento. Mano mano che procede il processo di maturazione, i bambini cominciano ad interpretare e ad etichettare le loro sensazioni e nel farlo usano spesso concetti appresi dagli altri. A seconda delle situazioni, i bambini imparano ad associare le loro sensazioni e la situazione, all’etichetta “rabbia”, “paura”, “vergogna”.

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