Psicolife - psicologia e psicoterapia a Firenze

martedì 1 aprile 2008

La dipendenza da Internet

Dipendenza da Internet
L’incremento dell’accesso a questa tecnologia ha comportato l’insorgere e il proliferare di disturbi del comportamento.
La persona viene assorbita totalmente dall’esperienza virtuale, arrivando a sviluppare una vera e propria dipendenza.
L’Internet Addiction Disorder (IAD) rappresenta una modalità di espressione di disagio attraverso un prodotto tecnologico. La persona che ha sviluppato una dipendenza da Internet rimane collegata per ore ed ore, con una perdita totale della cognizione del tempo.
Goldberg nel 1995 propone la prima definizione dei Disturbi legati all’uso di Internet, come una “dipendenza da comportamento”, prendendo in prestito i criteri del DSM IV inerenti la categoria delle dipendenze da sostanze.

Criteri diagnostici DSM IV
Tolleranza:
1. Bisogno di aumentare la quantità di tempo di collegamento ad Internet per raggiungere l’eccitazione desiderata
2. Un effetto marcatamente diminuito con l’uso continuato dello stesso tempo in Internet

Astinenza:
1. Interruzione o riduzione dell’uso prolungato e pesante di Internet. Due o più dei seguenti sintomi conseguenti l’interruzione del comportamento:
 Agitazione psicomotoria
 Ansia
 Pensiero ossessivo a Internet
 Fantasie o sogni su Internet
 Movimenti volontari o involontari di battitura a macchina con le dita
 L’uso di Internet o di simili servizi in rete viene impiegato per alleviare o evitare sintomi di astinenza
 Si accede spesso ad Internet con più frequenza e per periodi più lunghi di quanto era stato preventivato
 Persistente desiderio e tentativi falliti di cessare o controllare l’uso di Internet
 Una grande quantità di tempo spesa in attività legate all’uso di Internet (prenotazioni online, downloads di materiale etc…)

Young (1998), mostra come esista una relazione significativa da dipendenza da Internet e depressione: alti livelli di depressione sono associati all’abuso della Rete. L’autore sostiene che alcune caratteristiche dei soggetti come bassa autostima, scarsa motivazione, paura di essere rifiutati e il bisogno di approvazione, possano contribuire all’incremento nell’uso di Internet. È possibile che i soggetti depressi si rifugino nella realtà virtuale per scappare dalle difficoltà della rete.

Le forme di dipendenza da Internet
1. Cybersex addiction
2. Cyber relational addiction
3. Net compulsino
4. Information overload
5. Computer addiction


1.Cybersex addiction
Il sesso virtuale comprende tutte quelle attività che si possono svolgere i Rete e che provocano un’eccitazione sessuale, come la fruizione di materiale pornografico etc.
Secondo le ricerche della Young, la dipendenza da sesso virtuale è uno dei disturbi più diffusi tra coloro che presentano una dipendenza da Internet.
Il rapporto di uomini dipendenti rispetto alle donne è di 5 a 1 ma il coinvolgimento delle donne è in crescita.
Gli uomini si collegano alla Rete soprattutto per guardare foto pornografiche mentre le donne sono più interessate alle chat erotiche, amano parlare di sesso e cercano qualche sorta di interazione. Ciò consentirebbe loro di nascondere il proprio aspetto fisico, di sentirsi più disinibite e libere di manifestare il proprio piacere nel fare sesso. Gli uomini non sperimenterebbero ansia da prestazione, evitando così la ieaculazione precoce o l’impotenza.
Le caratteristiche di Internet per il coinvolgimento sessuale sono:
• Anonimità: protegge l’utente e gli permette di esprimersi liberamente
• Convenienza: si riferisce alla disponibilità dei siti e chat room a contenuto pornografico. La Rete è uno strumento molto comodo perché permette di collegarsi tranquillamente da casa, mantenendo una certa privacy.
• Evasione: l’eccitazione che si sperimenta, provoca una sorta di fuga mentale, un’evasione dai problemi della vita quotidiana.

2. Cyber relational addiction
La dipendenza da relazioni virtuali si può definire come il bisogno di istaurare relazioni amicali o amorose con le persone incontrate online.
La dipendenza affettiva si manifesta nel bisogno i creare una relazione affettiva molto intima, in cui il soggetto divine dipendente da una persona significativa che lo protegge e si prende cura di lui.
Vengono utilizzate email, le chat room (sono stanze senza confini reali, il linguaggio e i personaggi sono le uniche entità che costituiscono lo spazio virtuale).

3. Net compulsion
La Rete è un mezzo attraverso il quale si possono mettere in atto diversi tipi di comportamenti compulsivi:
• Gioco d’azzardo
• Partecipazione ad aste ondine
• Commercio in Rete

Queste attività hanno diverse caratteristiche in comune quali la competizione, il rischio, l’eccitazione immediata.

4. Information overload
Il termine significa letteralmente “sovraccarico cognitivo”. È un bisogno incontrollato di reperire informazioni sulla Rete. I soggetti sperimentano un senso di eccitazione quando riescono a trovare le informazioni che cercavano.
Criteri per riconoscere l’ Information overload (Cantelmi e D’Andrea 2000):

• Hanno bisogno di passare molto tempo in Rete per trovare notizie, aggiornamenti o qualsiasi alt informazione
• Ha ripetutamente tentato ma senza successo di controllare, ridurre o interrompere l’attività di ricerca
• Perdura in questa attività nonostante incorra in problemi sociali, familiari etc.

5. Computer addiction
Si riferisce alla pratica dei giochi interattivi virtuali (MUD’s), nei quali i partecipanti giocano contemporaneamente ed interagiscono tra di loro. Essi sono molto coinvolgenti perché consentono di nascondere la propria vera identità e costruirsene un’altra. Il personaggio virtuale viene investito dai desideri e dalle illusioni del soggetto che lo sceglie.
La Rete da la possibilità di essere ciò che si desidera, soprattutto per le persone timide che vorrebbero cambiare la loro identità.

La dipendenza da Internet si instaura soprattutto negli adolescenti. Molti ragazzi oggi come oggi preferiscono trascorrere la maggior parte del loro tempo sulla rete con le chat, i giochi di ruolo etc. Il rischio è che passando troppo tempo su Internet, arrivano a trascurare le uscite con gli amici, con i partner, gli hobbies, si perde sempre di più la comunicazione con i familiari, insomma si rischia di rimanere “intrappolati” in un mondo che non è reale, si esce dalla realtà quotidiana.
Agli occhi di un adolescente questo mondo però è più leggero, meno pesante, lontano dalle responsabilità quotidiane, dalle sofferenze di una vita ingiusta e allora perché no?
Penso che per il trattamento di questa dipendenza la prevenzione e l’informazione siano di fondamentale importanza ma penso anche che la famiglia sia una grossa risorsa e che vada anche educata a riconoscere i segnali di disagio che manda un figlio adolescente.
www.psicolife.com
Psicologia e Ipnosi Terapia
a Firenze e Roma

Adolescenti e Gioco

Adolescenti e gioco d’azzardo

Il gioco è un’attività che fin dalla nascita si vede praticare dai bambini.
Si gioca per il piacere di farlo, senza che per altro questo comportamento venga indotto o forzato dall’esterno.
In condizioni ambientali favorevoli, il gioco produce eccitazione e stimola la fantasia e la creatività.
Grazie al gioco tutti noi abbiamo imparato a rispettare le prime regole (regole di gioco) che abbiamo in seguito generalizzato nella vita sociale, con gli altri; abbiamo appreso i diversi ruoli e giocato al “far finta di”.
Fin qui abbiamo parlato di gioco sano e giusto ma quando non si gioca più per il piacere di farlo o per il piacere del divertimento o per quello di passare un momento per stare in compagnia dell’ altro e cioè quando si supera la soglia della normalità, in quel momento dobbiamo cominciare a preoccuparci.

Ma gli adolescenti chi sono?

Tutti noi siamo stati adolescenti e sappiamo benissimo che è stato un periodo non facile a causa di quei cambiamenti che si mettono in moto dal punto di vista fisiologico, affettivo, relazionale con le figure più importanti quali i familiari, il gruppo dei pari etc. E poi l’adolescenza segna quel passaggio, quella porta di ingresso al mondo degli adulti!
L’adolescenza è intesa come fase evolutiva con lo scopo dell’adempimento di compiti evolutivi, quali il raggiungimento dell’autonomia e dell’identità adulta, della piena socializzazione lavorativa e familiare.

Il rischio in adolescenza

“Il rischio è parte integrante della vita dell’uomo e sottende ogni tendenza evolutiva verso il raggiungimento di nuovi traguardi di sviluppo…
…La curiosità esplorativa, la sperimentazione, il cimentarsi e il mettersi alla prova, il piacere di riuscire ad avere controllo sulla realtà, come anche la sensazione di eccitazione e di brivido, sono per così dire comportamenti rischiosi normali, ossia che accompagnano l’uomo nella sua crescita ed evoluzione...
È noto il ruolo del narcisismo negli adolescenti, di quell’egocentrismo che spesso sfocia nell’illusione di essere invulnerabili: l’idea di essere al centro del mondo, di avere una “favola personale” ,distoglie l’attenzione dalla concretezza, misconoscendo i limiti, in quanto soffocanti.
Il bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione può trovare nei comportamenti rischiosi eclatanti il suo mezzo di realizzazione, specialmente là dove vi siano insicurezze, fragilità e confusione.
Rischiare significa intraprendere un’azione che potrebbe, con una certa probabilità, avere conseguenze negative.
Il rischio assume così un valore compensatorio di lacune narcisistiche e relazionali; è un atto illusoriamente magico per risolvere le proprie debolezze e frustrazioni che inquinano la quotidianità.
Questo vale soprattutto per gli adolescenti cosiddetti vulnerabili, ossia particolarmente sensibili ai vissuti di incertezza, alle conferme da parte del contesto, che collezionano stati di sofferenza come vergogna, timore, rabbia. È a questo punto che l’azione rischiosa rappresenta una via di fuga, per riscattarsi dallo smacco, per rivalutarsi di fronte a sé e agli altri.




UNA PARTICOLARE CONDOTTA RISCHIOSA: IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO NEGLI ADOLESCENTI

Da alcuni anni, anche nel nostro paese, le macchinette (slot machine) rappresentano la forma di gioco predominante tra i giovani.
Alla presenza massiccia di tale gioco sul territorio si aggiunge il sentimento di noia di molti giovani, la necessità di ammazzare il tempo, il voler non essere da meno dei compagni, il desiderio di vincere qualche soldo.
Negli ultimi anni c’è stato un aumento del gioco d’azzardo negli adolescenti, probabilmente alcuni fattori hanno contribuito all’aumentare del fenomeno come:

• la crescente liberalizzazione, la maggiore tolleranza se non addirittura l’incoraggiamento verso il gioco d’azzardo come attività innocua;
• la ritardata presa di coscienza del problema;
• la scarsa attenzione nei confronti di programmi di informazione per la creazione di una consapevolezza collettiva dei problemi legati al gioco.

Nella mia esperienza con gli adolescenti attraverso progetti di prevenzione in ambito scolastico, posso dire che è molto difficile entrare nel loro mondo ed è altrettanto difficile utilizzare il loro linguaggio. Ritengo che la prevenzione sia uno strumento importante soprattutto in questa fase critica ma penso anche che non è per niente facile lavorare con questa fascia di età.
Per gli adolescenti è difficile ammettere di avere un problema o di vedere il problema, figuriamoci, è già difficile per un adulto prendere la consapevolezza e ammettere di avere un problema di gioco!. È per tale ragione che ritengo fondamentale imparare a calarsi nei panni di un adolescente, entrare a conoscere quel loro mondo, avvicinarsi a loro, ancor prima di iniziare nel volerli coinvolgere in un programma di prevenzione che quasi sempre risulta loro noioso o rappresenta il modo di non fare lezione in quella ora. A volte ho sentito dire loro “e quanto siete esagerati, ora anche giocare è un problema; che volete che sia farsi una partita alle macchinette!!”.
Penso che non dobbiamo mai smettere di “fare prevenzione”, di informare, di far conoscere e penso anche che non dobbiamo arrenderci di fronte alle difficoltà che incontriamo con gli adolescenti.
www.psicolife.com
Psicologia e Ipnosi Terapia
a Firenze e Roma

La famiglia del tossicodipendente

La famiglia del tossicodipendente secondo un’ottica relazionale.
Il disagio psichico di uno dei membri costituisce il segnale di un malessere più esteso che riguarda il gruppo familiare rispetto ai compiti evolutivi del ciclo vitale.
In questa prospettiva il fenomeno della tossicodipendenza è visto come un modo per perpetuare la storia familiare in maniera ripetitiva e stereotipata, per cristallizzare le posizioni dei singoli membri in una configurazione relazionale immobile e coartata.
Per quanto riguarda i ruoli all’interno di queste famiglie, si può parlare di “delega accuditiva”. È quel fenomeno secondo cui i soggetti, ad un certo punto della loro infanzia, vengono affidati a parenti più o meno prossimi che li prendono in carico sia sotto l’ aspetto delle cure materiali che di quelle affettive ed educative.
Allora cosa succede: di solito la madre, essendo impegnata su un fronte emotivo diverso da quello con il figlio, segue le mansioni accuditive in modo apparentemente ineccepibile ma in realtà più funzionali ai propri desideri di adeguatezza sociale e di ricerca di conferme da parte dei propri genitori (non è avvenuto lo svincolo dalle famiglie d’origine, indispensabile per la costruzione di un altro sé familiare). Dunque l’effetto immediato di questo “stallo emotivo” ha favorito una ripetizione di situazioni simili vissute sia nella famiglia d’origine che in quella di elezione.
La figura paterna sembrerebbe quasi impotente rispetto al proprio ruolo ed estromesso all’interno del rapporto coniugale.
Nei genitori è emersa una scarsa interiorizzazione di quei ruoli necessari ad accogliere i propri figli come altri da sé. Il rapporto genitori-figli è basato su una confusione di confini generazionali che ha impedito ai genitori di portare a termine il loro mandato generazionale e ai figli di vivesi come persone con una propria identità.

Il figlio tossicomane
La condizione di immobilità e di resistenza al cambiamento tipica di queste famiglie, si innesca in uno specifico stadio della storia della famiglia, ovvero nel momento in cui il figlio comincia a richiedere maggiori spazi di autonomia, in corrispondenza della fase adolescenziale.
Il drogarsi assume una duplice funzione relazionale: da una parte permette al tossicomane di essere distante, indipendente ed individuato, dall'altra lo rende dipendente in termini di danaro, di mantenimento e fedele alla famiglia.
Malgrado quindi una dichiarata ansia di indipendenza resta pur sempre assodato che la maggioranza dei tossicomani tende a mantenere stabili legami con l'ambiente familiare restandovi a vivere a lungo nel tempo o comunque mantenendo contatti più di quanto non facciano coetanei non tossicodipendenti. Nella fase in cui si dovrebbe attuare lo svincolo adolescenziale, l’esterno viene avvertito come minaccioso e si ha la percezione della casa come microcosmo sociale in cui rinchiudersi. Il male è nel sociale e la casa rappresenta una gabbia dorata, che da un lato è un contenitore rassicurante, dall’altro però è altamente asfissiante.
Per il tossicodipendente l’uso coatto della sostanza, con le sue qualità anestetizzanti, può forse rappresentare il ritorno ad uno stato in cui le differenziazioni me-non me, interno ed esterno, non hanno alcun significato e quindi non possono essere pensate. La tossicodipendenza va dunque a rappresentare uno spazio altro rispetto a questo microcosmo saturo che è la casa, in cui poter immaginare di esperire una qualche forma di pensiero.

I processi di triangolazione e le tipologie
L’abuso di droga può servire a mantenere insieme i genitori o a raggiungere l’obiettivo di far interrompere un litigio tra loro.
Si può parlare di una frequente triangolazione del paziente in un rapporto preferenziale col genitore che sente più in difficoltà in una coppia in stallo. Egli ha il ruolo, emotivamente difficile, di mediare la tensione latente tra i genitori e di colmare artificialmente un vuoto affettivo. In questi giochi di triangolazione il figlio svolgerebbe la funzione di contenimento e di mascheramento di conflitti genitoriali latenti.
Si tratta di una situazione emotiva di estrema ambivalenza: da un lato può sentirsi al centro di gratificazione e privilegi, dall’altro stabilisce un vincolo rigido di dipendenza dalle figure genitoriali che, durante la crisi adolescenziale, entra drammaticamente in collisione con i nuovi emergenti bisogni di autonomia e di individuazione. Naturalmente l’insorgere della malattia risolve il problema perché il paziente continua ad assolvere il compito assegnatole e i genitori, impegnati nella cura, rimandano la ricerca di nuove soluzioni per superare i motivi di insoddisfazione reciproca.

Legami familiari tra delega e lealtà familiari
Il paziente sembra accentrare su di sé le tensioni familiari poiché è demandato a lui di rappresentare un centro focale intorno a cui la famiglia si aggrega. Il tentativo del paziente di contenere le tensioni familiari trova significato nel mantenere la coesione della famiglia a tutti i costi, esorcizzando le minacce di rottura dei legami, cioè i timori della disgregazione dell’unità familiare in caso di esplicitazioni del conflitto o aumento delle distanze.
Il tossicomane e la famiglia hanno difficoltà a trattenere i contenuti mentali “emozionanti” che anzi vengono trasformati in agiti. Le emozioni appaiono sotto forma di aggressività fisica o verbale oppure come vere e proprie angosce nei confronti della vicinanza fisica, vissuta nei rapporti con i propri familiari.
Tutto il sistema familiare sembra vivere sotto l’ombra di una minaccia costante e incombente di un’improvvisa catastrofe che può disintegrare il mondo: l’irruzione dell’emozione profonda.
Se si sta dentro la famiglia e si sente, si pensa, allora vengono fuori dolori così grandi che c’è bisogno di morfina “stare dentro ma non pensare; stare dentro ma non affrontare i problemi che sonno molto dolorosi”.
La matrice mentale sembra essere e segregamente viversi, come molto carente, molto poco attrezzata a pensare le emozioni e gli affetti. A ciò naturalmente si contrappone una struttura di pensiero che può soltanto tentare di esercitare un rigido controllo su tutti gli accadimenti.
www.psicolife.com
Psicologia e Ipnosi Terapia
a Firenze e Roma